La storia completa, dai primi sketches, ai modelli in scala, sino ai prototipi.

Il capolavoro di Ferruccio Lamborghini e Nuccio Bertone, un’auto così dirompente, alla sua epoca, da far preoccupare persino Enzo Ferrari. Possiamo ben dire che, con la Miura, Ferruccio Lamborghini aveva raggiunto il suo scopo, di “far vedere ad Enzo, come si potevano fare le auto”, così come desiderava dai tempi del suo scontro con lo stesso Enzo Ferrari, di cui era stato affezionato cliente delle supercar di Maranello.
In realtà la Miura nacque quasi per caso, soprattutto grazie alla grande passione per le gare dell’Ing. Gian Paolo Dallara e dell’Ing. Paolo Stanzani. Si narra infatti che, soprattutto Dallara, affascinato dallo schema meccanico molto innovativo all’epoca, della Mini, con il motore trasversale in blocco con la trasmissione (cambio e differenziale), sognasse di realizzare qualcosa di simile, ma per un’auto da corsa, cioè trasferendo tutto il blocco motore+cambio, al posteriore, in modo da ottimizzare la distribuzione dei pesi e favorire al massimo la maneggevolezza in curva.
Ferruccio Lamborghini era invece notoriamente contrario alle attività sportive per le sue vetture, per due motivi fondamentali: erano molto dispendiose ed eventualmente foriere di pericoli anche legali, in caso di incidenti e relative conseguenze tragiche per i piloti, come lo stesso Enzo Ferrari aveva ben sperimentato più volte nel corso della sua vita.
Quindi alla fine, Ferruccio fece un patto con i suoi due giovani ed intraprendenti ingegneri: avrebbero potuto studiare il progetto di un prototipo di auto racing, a condizione di lavorarci fuori dal normale orario di lavoro (nelle pause, nei fine settimana, la sera, ecc.) e soprattutto di utilizzare il suo motore a 12 cilindri!
Fu così che nacque il famoso “running frame” della P400, sigla che stava per Posteriore + la cilindrata del motore (4 litri).
Questo “running frame” nacque soprattutto grazie alla disponibilità e professionalità della Marchesi & C. di Modena (vedi la video intervista ai due soci fondatori, Umberto Marchesi e Mauro Bonora), da poco costituitasi e fondamentale nella co-progettazione e soprattutto costruzione del telaio.
Il resto è poi storia nota ai più: esposto in occasione del Salone di Ginevra del 1965, il “running frame” era così interessante da attirare l’attenzione di tutti gli addetti ai lavori e non solo; ed in particolare di Nuccio Bertone che, esaminatolo a lungo sullo stand, aspettò poi di incontrare Ferruccio Lamborghini, la sera, al momento della chiusura degli stands, per fargli la famosa proposta di “vestire” quella magnifica scultura di ingegneria applicata.
Da li la successiva entrata in scena del designer Marcello Gandini, che da poco aveva sostituito alla Bertone Giorgetto Giugiaro (uscito dalla Bertone per andare con un incarico di responsabilità alla Ghia) e quindi la realizzazione della superba carrozzeria della Miura, in parte ispirata ad un’auto da corsa: la Ford GT40, che, al momento della presentazione della Miura (Ginevra 1966), di li a poco avrebbe battuto le Rosse di Maranello alla 24 Ore di Le Mans. Anche se la Miura, rispetto alla GT40, dove l’efficienza aerodinamica era l’unica scopo, era e resta di un’eleganza ed armonia difficilmente avvicinabili.
Pur non correndo mai, la Miura fu davvero l’auto che fece “esplodere” la Lamborghini: era talmente affascinate ed innovativa che non mancavano vips, regnanti, cantanti o sportivi di qualsiasi categoria (calciatori, piloti, ecc.), che non la desiderassero ardentemente. Alla fine Dallara se ne andò dalla Lamborghini, proprio perchè Ferruccio non intendeva assolutamente entrare nel mondo delle competizioni (infatti Dallara si spostò alla De Tomaso, dove realizzò l’unica Formula 1 del costruttore italo-argentino Alejandro, la quale partecipò al Mondiale di F1 del 1970), mentre la Miura, tra le varie evoluzioni, ebbe anche una versione Jota 4, dalla lettera del regolamento sportive che ammetteva le vetture GT alle gare endurance; la Miura Jota 4 fu costruita e messa a punto interamente dal famoso collaudatore storico Lamborghini, il neozelandese Bob Wallace.