Il top delle GT italiane negli anni 60.
La seconda metà degli anni 60 del secolo scorso è indubbiamente stato il periodo d’oro delle supercar e del design italiano e questi tre esempi dei marchi più iconici della Motor Valley, Ferrari, Lamborghini e Maserati, ne rappresentano la dimostrazione perfetta.
Senz’altro la più stupefacente resta la Lamborghini Miura (1966), di nuovissima concezione, tra le prime GT stradali con il motore posteriore centrale: un V12 di 4 litri montato trasversalmente con il cambio in blocco, che permette di ridurre gli ingombri al minimo e contenere così le dimensioni, i pesi e soprattitto favorire grandemente la concentrazione delle masse e la distribuzione dei pesi, per un comportamento stradale da vera auto da competizione. Inoltre la Miura, anche in virtù del suo innovativo layout, si presenta con una linea ed un design (di Bertone, dovuto a Marcello Gandini) ancor oggi indubbiamente spettacolare ed all’epoca assolutamente innovativo.
Mentre la concorrente per antonomasia, la Ferrari, proponeva un’evoluzione della 275 GTB, sempre con il motore V12 in posizione anteriore centrale, cioè arretrato il più possibile oltre l’asse anteriore (all’interno dell’interasse) ed il gruppo trasmissione (cambio + differenziale) sull’asse posteriore, sempre per una ottimale distribuzione dei pesi. In più, la Daytona (1968), può contare su un design non altrettanto innovativo quanto quello della Miura, ma che rappresenta comunque una notevole evoluzione rispetto alla precedente 275 GTB. Infatti, la Pininfarina, per mano di Leonardo Fioravanti, aveva impostato una linea piuttosto tesa e squadrata, ma al tempo stesso anche morbida e muscolosa al punto giusto, dove spiccava in modo particolare la parte anteriore, con i doppi fari tondi carenati da una fascia trasparente che si estendeva per tutta la larghezza del muso, donando un effetto di efficienza aerodinamica e grinta al tempo stesso.
Infine la Maserati Ghibli (1966), disegnata da un giovanissimo Giorgetto Giugiaro per la Ghia, è l’unica con il motore V8, sempre in posizione anteriore e si distingue dalle altre per un’innata eleganza, tipica delle GT del Tridente, ma soprattutto per un abitacolo molto spazioso e confortevole. Anche il bagagliaio della Ghibli era ottimo per due persone e tutto questo però non faceva perdere un grammo di slancio ed innovazione alla bel design ideato da Giugiaro.
Insomma, se la Miura è certo la più estrema e provocatoria, come è nel carattere e DNA delle GT della Casa del Toro, la Daytona è la classica GT, dove il favoloso V12, unito a buone doti di guidabilità, la rendono la classica GT della Casa del Cavallino Rampante, di grande soddisfazione su strada, quanto efficace in pista; mentre la Ghibli, alla grinta del suo motore V8 ed al cospetto di performance comunque ragguardevoli, unisce il fascino e l’eleganza tipico delle GT della Casa del Tridente.
Da sottolineare, ancora una volta, il design unico ed innovativo per tutte quante: esplosivo e futuristico per la Miura, più classico ma comunque innovativo ed interessante per la Daytona, superbamente elegante, equilibrato, ma comunque innovativo e grintoso anche per la Ghibli, a definitiva dimostrazione che il design italiano dell’epoca, non aveva rivali al mondo!